Il “Poema” op. 25 di Ernest Chausson è uno di quei brani che mi hanno colpita fin da sempre in un modo molto particolare. Virtuoso, misterioso e melodioso nello stesso tempo, si tratta di una di quelle opere che tutti i violinisti temono.
Ho suonato il “Poema” più di 12 anni fa, ed ho deciso di riappropriarmene ultimamente durante la serie di concerti di musica da camera che ho dato inizio di questa primavera a Riga. Ad aprile avrò il piacere di eseguire questo brano con orchestra. Il momento ideale per avvicinarsi a quest’opera quasi mistica e saperne un po’ di più su questo compositore, assai poco conosciuto
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Ernest Chausson è nato a Parigi il 20 gennaio 1855.
Parigi è in piena crescita in quel momento, la città s’ingrandisce, si modernizza, è anche il momento nel quale iniziano i lavori monumentali del prefetto Georges Eugène Haussmann. Egli vuole fare di Parigi una città moderna e pulita (l’ultima epidemia di colera era appena passata nel 1832!), la città non aveva più subito cambiamenti importanti dal Medio Evo, era compressa ed insalubre. Nel 1859, Hausmann decide di estendere la città fino alle fortificazioni delle mura di Adolphe Thiers. La città prende la sua forma attuale, i quartieri vengono ridisegnati. Con quel pretesto Haussmann distrugge le sorgenti rivoluzionarie parigine: si sono svolte ben due rivoluzioni dopo quella del 1789, una nel 1830 ed una seconda nel 1848. Haussmann ha destrutturato i focolai di contestazione “perché una volta sparsi nei nuovi quartieri, diventerà più difficile per la classe operaia di iniziare un’insurrezione”.
Questa campagna fu intitolata “Parigi imbellita, Parigi ingrandita, Parigi ripulita” (“Paris embellie, Paris agrandie, Paris assainie”). Parigi si trasforma per indossare il suo “abito di luci”.
Ernest Chausson proviene da una famiglia borghese, originariamente muratori, carpentieri ed imprenditori edili e di lavori pubblici, che avevano raggiunto il loro benessere proprio grazie all’espansione e alla modernizzazione della città. Ernest Chausson è peraltro nato al 12 rue Pierre-Chausson, una stradina che porta il nome del suo bisnonno paterno, il quale possedeva molti terreni nei dintorni della Porte Saint Martin (nel 10° arrondissement di Parigi).
La vita di Ernest Chausson pare già tracciata: i suoi due fratelli maggiori erano morti molto giovani, Ernest cresce nella solitudine e passa un’infanzia rinchiuso in una gabbia d’oro. La sua famiglia prevede per lui una carriera come avvocato. Ernest segue in un primo tempo il consiglio, e diventa “giovine di studio” nel 1877.
Ma fin dal 1875 frequenta il salone di Madame Berthe de Rayssac, dove si appassiona per l’arte, in particolare la letteratura, la musica, la pittura e la poesia, cosa che lo porterà ad una svolta nella sua vita.
La ricchezza borghese della sua famiglia gli permette di consacrarsi interamente alla musica. Anche se pubblica inizio 1878 i suoi primi brani, desidera perfezionare le sue conoscenze di composizione nella classe di Jules Massenet, in un primo tempo come allievo uditore, poi ulteriormente, fin dal 1880 in poi nella classe accademica del Conservatorio di Parigi. Proprio durante l’estate 1878 incontra in Baviera Vincent d’Indy (eminente compositore francese ed uno dei creatori della Schola Cantorum di Parigi), che diventerà un suo strettissimo amico. Sarà infatti proprio lo stesso Vincent d’Indy a completare il quartetto op. 35 per la sua pubblicazione postuma.
Chausson completa i suoi studi sotto l’egida di César Franck nel 1881, e si presenta anche il Prix de Rome spinto da Jules Massenet, ma finirà per essere una schiacciante sconfitta.
Partecipa allora alla creazione dell’”Union des Jeunes Compositeurs”, una iniziativa che però non perdurerà, ragion per cui integra subito la “Société Nationale de Musique” (SNM), composta al momento della sua creazione dai più grandi compositori del suo tempo, come César Franck, Camille Saint-Saëns, Ernest Guiraud, Jules Massenet, Jules Garcin, Gabriel Fauré, Alexis de Castillon, Henri Duparc, Paul Lacombe,Théodore Dubois, e Paul Taffanel.
Ernest Chausson si sposa nel 1883 con Jeanne Escudier, e si introduce, per via dei suoceri, ancora di più nel mondo musicale parigino del suo tempo. Da quel momento in poi, si impegna non solo artisticamente, ma anche finanziariamente accanto a d’Indy, Husson, e Duparc, in particolare nei “Concerts Populaires” di Jean Pasdeloup (fondatore dell’orchestra parigina omonima).
Quando Chausson diventa il Segretario della SNM si impegna più che mai con tutto il cuore, in particolare apportando un grande sostegno finanziario. Riceve a casa sua nel suo elegante hôtel particulier al 22 Boulevard de Courcelles, i principali artisti del suo tempo, come per esempio Paul Dukas e Claude Debussy, oppure il pittore Eugène Carrière.
Malgrado un matrimonio felice ed una vita famigliare compiuta (ebbe 5 figli con la sua moglie tanto amata) resta tuttavia un personaggio misterioso: si finirà per dire di lui che soffrisse di depressione. Quando morì nel giugno 1899 a Limay cadendo dalla bicicletta, qualcuno prenderà in considerazione l’ipotesi del suicidio. Ernest Chausson è inumato nello splendido Cimetière du Père Lachaise.
Ernest Chausson muore dunque a soli 44 anni, lasciando una modesta collezione di composizioni: comprendente solamente 39 numeri d’opera e 24 senza numeri d’opera.
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Chausson compone il “Poema” nel 1896. Sarà il grande violinista belga Eugène Ysaÿe a fare conoscere al pubblico il “Poema” op.25 per violino ed orchestra, del quale Ysaÿe stesso aveva dato la prima lettura due mesi prima, il 6 novembre 1896 al Cap Ferrât, vicino a Nizza, nella casa del pittore catalano Santiago Rusiñol, dove era stato invitato dal violinista Mathieu Crickboom. Analizzando da vicino in che modo la parte del violino è stata composta, ci si può perfettamente immaginare che Ysaÿe abbia consigliato Chausson, sia da un punto di vista tecnico, che dal punto di vista degli effetti sonori spinti che sapeva ottenere dallo strumento.
Quando Claude Debussy ascoltò per la prima volta in concerto il “Poema” disse che questo brano “contiene le migliori qualità. La libertà della sua forma non contraddice mai l’armoniosa proporzione. Nulla commuove di più della dolcezza sognante della fine di questo Poema, dove la musica, lasciando da parte ogni descrizione, ogni aneddoto, diventa il sentimento stesso che ha ispirato l’emozione”.
Il “Poema” di Ernest Chausson diventa così, sotto l’autorità di Claude Debussy, un esempio della superiorità di questa “musica pura”, superiore all’“altra”, accusata di “compromessi”.
E Claude Debussy va anche oltre nella sua analisi, contestando che il “Poema”, verso la fine, lascia da parte “ogni descrizione ed ogni aneddoto”. Ma questo significherebbe che precedentemente quest’opera era soggetta ad una “descrizione” di qualche cosa di preciso, e che Claude Debussy ne conosceva l’origine.
Effettivamente, solo negli anni 1960 fu scoperto un dettaglio assai importante, quando si ritrovò il manoscritto del “Poema”, nella sua riduzione per violino e pianoforte. Questo spartito comporta in effetti un indizio: sotto al titolo si ritrovano le parole “Le Chant de l’Amour Triomphant” (“Il canto dell’amore trionfante”) , che è, come ben sappiamo, il titolo di una novella di Ivan Turgenev.
Ernest Chausson era un grande amatore di Ivan Turgenev: ne possedeva la totalità delle opere nella sua biblioteca personale. E questo non è granché sorprendente. Si sa quanto Turgenev fosse legato alla vita musicale parigina. Fidanzato per molti anni con Pauline Viardot (che fu l’ispirazione per il personaggio di “Consuelo” di Georges Sand), sarà lei a realizzare gran parte delle traduzioni delle opere di Turgenev.
Ernest Chausson avrebbe dunque composto il “Poema” ispirato dalla lettura della novella “Il canto dell’amore trionfante” (Песнь торжествующей любви) scritta nel 1881.
La storia, leggermente mistica, potrebbe essere riassunta nel modo seguente:
Muzio e Fabio, due fratelli e giovani artisti di Ferrara, si innamorano entrambi perdutamente di Valeria, una giovane ragazza bellissima. Quando è giunta l’ora di sposarsi, Valeria sceglie Fabio.
Partito in Oriente per dimenticare il suo amore, Muzio torna cinque anni dopo, portando nei suoi bagagli costumi ed usanze orientali. Inizialmente fa anche credere di avere dimenticato l’amore passato per Valeria, ma lui la impressiona con le sue pratiche acquisite, in particolare suonando una melodia favolosa su un violino orientale. Stranamente attirata ma allo stesso tempo molto poco a suo agio, finisce col rendere Fabio folle di gelosia. Quest’ultimo decide di pugnalare Muzio, ma il servitore malese di Muzio resuscita il padrone e lo porta in un mondo migliore. Mentre Valeria crede di essersi liberata da questo strano sortilegio che sentiva pesare addosso fin dal ritorno di Muzio, si rende conto che porta nel suo ventre una nuova vita…
Una volta che conosciamo questa storia, si potrebbe provare a trovare un rapporto diretto fra ogni passaggio del “Poema” e questa novella. Per esempio si potrebbe, in questo modo, spiegare la prima idea del “Poema” con la sua lunga melodia – una delle più belle frasi romantiche mai scritte – esposta dal violino non accompagnato, e della quale l’inizio scoperto, nel grave, corrisponde proprio esattamente al testo della novella.
Ma forse non è neppure così semplice: Chausson avrebbe voluto scrivere una trascrizione musicale, parola per parola in certo senso? Oppure si tratta al contrario di questa melodia che lo aveva sedotto ed alla quale aveva dato campo libero alla sua propria immaginazione? Forse Chausson voleva invece farci credere che seguiva questa novella, in modo da lasciarci le sue impronte personali, ma per poi confondere le idee? Non era un personaggio solitario e depresso?
Comunque Chausson ha cancellato il titolo della novella di Turgenev dallo spartito, nascondendo in questo modo agli interpreti un prezioso indizio – se non fosse proprio il contrario, dicasi che il titolo della novella doveva nascondere qualche cosa di ben più personale e che non voleva assolutamente farcelo capire? A questo punto si comprende anche il significato della frase di Debussy, più giusta che mai e più penetrante di quanto non potesse sembrare a prima vista.
In tal modo Chausson avrà, con l’impulso del romanziere russo, realizzato una nuova forma di composizione per violino, che va ben oltre il poema sinfonico.
Come tutte le opere che interpretiamo oggi, si tratta di una immensa caccia al tesoro, nella quale si incrociano realtà, storia e società, la poesia, la pittura ed anche la vita quotidiana. Sta al musicista ed interprete di farne qualche cosa di particolare e portare così gli spettatori con se in viaggio.
Il “Poema” di Chausson è una delle meravigliose scintille di Parigi alla fine del secolo scorso. Porta con le sue note l’ispirazione di lunghi viaggi lontani, tale l’esposizione universale. Un’istantanea della sua epoca, di un mondo che solo possiamo provare ad immaginarci.
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